Written by 7:35 am Attualità, Treviso

Se tutto è trash niente è trash. Un’analisi dei linguaggi dei nuovi media

Educare alla parola nell’era “dell’onlife”,dove il linguaggio si diffonde come un virus
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La trasformazione del linguaggio nelle ultime decadi ha ridefinito il panorama mediatico, portando con sé un’intrusione significativa della volgarità nei programmi di intrattenimento. Questo cambiamento ha alterato significativamente gli usi e i costumi dei media, aprendo la strada a una nuova era in cui l’utilizzo di espressioni forti sembra aver superato il buongusto.

L’evoluzione della televisione, da un medium formale e riservato a uno più espressivo e libero, è stata guidata dalla volontà di attrarre un pubblico più ampio. In questo processo, la volgarità è emersa come un modo efficace per catturare l’attenzione di uno spettatore sempre più esigente.

di Francesco Catania

L’uso crescente di linguaggio scurrile in TV ha sollevato interrogativi su come questa trasformazione abbia influenzato dinamiche culturali e sociali più ampie. Ciò che in passato avrebbe potuto causare scandalo è ora spesso giustificato come “realismo”, mirando a rendere i personaggi televisivi e del web più autentici e vicini al pubblico.

Inoltre, la volgarità è diventata uno strumento di intrattenimento, utilizzata per sottolineare il sarcasmo, enfatizzare situazioni o rendere più autentiche le rappresentazioni. Tuttavia, questo ha portato alla normalizzazione di un linguaggio spesso controverso, sollevando domande sul suo impatto a lungo termine sulla società e sui giovani. Sono proprio loro ad avere un ruolo da protagonisti in questa trasformazione.

La Generazione Z, nata tra il 1995 e il 2010, ha vissuto un’evoluzione culturale senza precedenti grazie all’accesso precoce a Internet. Contrariamente ai Millennials, la GenZ ha sperimentato una vita costantemente connessa, considerando dispositivi digitali come estensioni di sé stessi.

Sono cresciuti a pane e tablet, hanno sviluppato un nuovo modo di vivere, comunicare e gestire i sentimenti rispetto al passato. Sono i ragazzi della Generazione Z, conosciuti anche come Zedders, nati tra il 1995 e il 2010. Protagonisti di un salto generazionale diverso dal consueto, sono stati i primi, nella storia dell’umanità, ad avere avuto l’accesso a Internet sin dalla nascita.

Questo legame profondo con i media ha portato a un’era “onlife”, in cui il confine tra la vita online e offline si fa labile. Tuttavia, questa fluidità ha anche aperto nuove frontiere per discorsi d’odio, spesso mascherati dietro meme e ironia. L’hate speech online è reso ambiguo e persistente dalla sua capacità di ritornare in forme diverse. La deumanizzazione è una minaccia seria, alimentata dalle hate words e slurs, parole offensive legate a stereotipi e discriminazioni.

L’anonimato online consente al cyberbullismo di prosperare, con fenomeni come flaming e harassment. È cruciale educare la GenZ sulla complessità delle parole offensive, distinguendo contesti e sfumature. La scuola gioca un ruolo chiave, reintroducendo i classici per potenziare il vocabolario e promuovere la riflessione critica. L’uso consapevole delle parole è essenziale per contrastare l’odio online. Inoltre, la lettura approfondita e la riflessione promosse dalla scuola possono contribuire alla crescita cognitiva ed etica, contrastando la superficialità linguistica e favorendo una comunicazione più ponderata e consapevole.

Bisogna continuare a sostenere la libertà creativa, ma è fondamentale bilanciarla con una responsabilità etica nei confronti degli spettatori, specialmente del pubblico giovane e impressionabile. Trovare l’equilibrio tra la creazione di contenuti stimolanti e l’evitare di contribuire a una cultura che trivializza l’uso della volgarità diventa la nuova sfida chiave di questa era.

Gli studiosi continuano a esplorare queste dinamiche, analizzando come i nuovi linguaggi influenzino e riflettano la società in un mondo sempre più complesso e diversificato.

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Last modified: Febbraio 14, 2024
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